Con lo studio di undici composizioni, scritte per organici diversi nell’arco di sei secoli, e appartenenti ai generi più disparati, de la Motte dimostra i limiti e la soggettività dell’analisi musicale che non può prescindere dalle caratteristiche specifiche del brano musicale. Per ribadire la sua tesi, de la Motte si è rivolto a un collaboratore d’eccezione: Carl Dahlhaus, che ha elaborato brevi ma fruttuose annotazioni critiche per ciascuna delle undici composizioni.
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